Pesce: i segreti del mare in tavola
Con lo chef ligure Massimo Del Canale l’invito a privilegiare la stagionalità anche cucinando il pesce.


chef Massimo del Canale

In tutto il mondo si consumano circa 1.000 differenti tipi di pesce, di cui 250 in Europa. Ma oggi si prediligono (consumando circa 25 chili di pesce a testa ogni anno) poche varietà, col rischio di impoverire mari, fiumi e laghi.

C’è, però, chi da tempo si batte per un consumo consapevole: è Massimo Del Canale, chef delle Cinque Terre dove è titolare del ristorante La Lanterna a Rio Maggiore. “Scorrendo una carta di un ristorante, spesso non si riconosce più la stagionalità; asparagi, funghi, tartufi li gustiamo tutto l’anno… E questo per attirare il cliente. Ma il cliente lo si può attrarre, e con maggior successo, con una cucina attenta all’alternarsi delle stagioni.” Ebbene, il concetto sul quale insiste Massimo è quello del rispetto delle stagioni e del territorio. “Perché – aggiunge Massimo – come chef dobbiamo offrire ai clienti solo branzini, gamberoni, rombi, sogliole, tonno e poche altre qualità? Anche il mare ha le sue stagioni e vi sono pesci davvero gustosi, anche se poco conosciuti”. E qui introduce un secondo concetto, quello di pesce “povero”. Inteso come specie meno pregiate, ma dalle grosse potenzialità. Se poi si considera che per un chilo di pesce pregiato si pescano 16 chili di altre qualità, ecco che possiamo immaginare che cosa ci possa offrire il mercato. A patto che si abbia il coraggio di chiedere ai propri fornitori anche pesci come lo sgombro, la palamita, la ricciola, la salpa, il pesce serra, il pesce lama, il pesce balestra carolinensis. Per fare due esempi parliamo dalla salpa. È detta la pecora del mare perché si nutre di alghe; il sapore della sua carne è quindi forte, di “arzillo marino”; eppure se sfilettata e spinata, dà alla pasta con sughi di pesce un sapore straordinario. E che dire della palamita? Un tonnetto dalla carne setosa e chiara, non così grande da assorbire i parassiti e le sostanze poco salubri; ecco quindi che si presta a ottimi tartare.

Gli esempi potrebbero moltiplicarsi, ma chiediamo a Massimo Del Canale una sorta di calendario del mare. “Posso riferirmi al mio mare, ma il discorso è simile per gli altri mari. Ogni mese ha i suoi pesci e l’elenco potrebbe essere lunghissimo, ma ci possiamo limitare ad alcuni accenni e curiosità. Aprile e maggio sono i mesi delle aragoste e degli astici, mentre sino a giugno accostano i grandi banchi di acciughe che portano a riva i tonni. Tra giugno e settembre ottime le orate, i saraghi piccoli e i pagelli, mentre ottobre è il mese delle acciughe piccole da friggere e dei grossi tonni da corsa. Febbraio e marzo sono i mesi dei polpi.”

Come cucinare questi pesci?
Le ricette sono moltissime, ma Massimo preferisce concludere con altri due concetti. Il primo è che deve finire l’era dei segreti tra cuochi. Ogni chef deve avere il coraggio di conoscere i colleghi e scambiarsi ogni segreto. Solo dove c’è conoscenza si abbandonano i dogmi e regna la vera cucina. E a proposito di cucina “la nuova frontiera della ristorazione è quella di cercare nel proprio territorio i prodotti, anche minori, e con essi i sapori migliori ai prezzi più contenuti possibili.

Il servizio?
Deve  essere frizzante, giovanile e attento al cliente, ma mai distaccato”.
Detto quindi di prestare attenzione alle stagioni, anche del mare, vediamo ora qualche consiglio utile. Di solito il pesce viene presentato sotto luci molto forti e bagnato spesso, per nascondere eventuali difetti.

Ma quale deve essere l’aspetto del pesce fresco?
Innanzitutto non viscido, pelle lucente con riflessi metallici ma non grigio giallastri; branchie di tutti i tipi di rosso, meno quello mattone e tanto meno marrone; occhio limpido e mai infossato, vitreo e senza patina bianca; corpo leggermente curvo con carne consistente; odore mai sgradevole e acido.

Vongole, cozze e ostriche?
Devono avere le valve lucide e chiuse, la conchiglia pesante (per l’acqua interna) e il mollusco deve avere un bel colore nitido, un profumo gradevole e soprattutto deve essere attaccato al guscio. I crostacei non devono emanare odore di ammoniaca e la carne deve essere ancora bianca e consistente; se sollevati, zampe e antenne non devono penzolare, il filamento intestinale sulla coda è verde appena pescato e diventa sempre più nero man mano che passano i giorni.

La preparazione del pesce (squamatura, taglio delle pinne, spellatura, sfilettatura ed asportazione dei visceri) è spesso un’impresa poco piacevole, per i non esperti. Diamo però un aiuto con un metodo di filettatura che consiglia Massimo Del Canale. Si tratta del taglio perimetrale per ottenere filetti carnosi e spinati (vedi foto). Il termine “taglio perimetrale” – spiega Massimo Del Canale - è mutuato da Arnaldo Fazzi (Di pesce in pesce, Pacini Fazzi Editore) ma la sostanza è diversa. Con un coltello flessibile e affilato una volta sventrato ed eviscerato il pesce, pratichiamogli un taglio sul dorso, all’attaccatura della testa (1). Giriamo la lama del coltello verso l’alto e facciamola scorrere, tagliando la pelle come la forbice del sarto taglia la stoffa, dalla testa alla coda, rasentando la pinna dorsale, prima da un lato e poi dall’altro (2-3). Allo stesso modo procediamo dal ventre alla coda (4-5). Allunghiamo lungo le branchie, di un paio di centimetri, il primo taglio praticato (6-7). Afferriamo il lembo alto della pelle, con uno straccio ruvido od una pinza, e tiriamo verso la coda, togliendo metà della pelle.
Ripetiamo dall’altra parte. Otterremo un pesce “nudo”, senza pelle né squame. Cominciando dalla coda, verso la testa, ne ricaveremo due filetti. Scaviamo via le spine del ventre, le costole, e separiamo ulteriori filetti tagliando a monte e a valle di quelle linee di spine laterali, in piedi come tanti soldatini. Avremo a disposizione polposi filetti senza spine, che regoleremo per dimensione.



Ed ora alcune gustose ricette:

Trota salmonata del marinaio

Ingredienti

un filetto di trota salmonata
quattro cucchiai di olio extravergine
un peperoncino
quattro pomodorini ciliegia
due filetti di acciuga salata
prezzemolo
origano
sale fino
un bicchiere di vino bianco
 
Preparazione
Portare a calore in padella l’olio extravergine, aggiungere il prezzemolo e i filetti di acciuga salata. A fuoco moderato, lasciarli sciogliere completamente.
Aggiungere il filetto di trota, insaporendolo dalle due parti. Aggiungere i pomodorini spezzettati, l’origano, il vino bianco. Cuocere coperto a fuoco vivo per pochi minuti. Scoprire, aggiustare il sale, lasciar sfumare fino a consistenza cremosa.

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Filetti di persico alle erbe aromatiche

Ingredienti per una porzione
quattro filetti di persico
quattro cucchiai di olio extravergine
50 grammi di farina
un cucchiaino da caffé di timo
uno di origano
uno di rosmarino
uno di dragoncello
il succo di ½ limone
un pizzico di sale
un dl di vino bianco secco
una patata lessa

Preparazione
Infarinare leggermente i filetti di persico. Privare la patata della buccia e tagliarla a cubetti. In una ciotola, unta con un cucchiaio d’ olio extravergine, aggiungere un pizzico di sale, il succo del ½ limone e il vino bianco, quindi l’origano, il timo e il dragoncello. Portare a calore, in padella antiaderente, tre cucchiai d’olio, aggiungere il rosmarino, perché prenda calore, quindi adagiarvi i filetti infarinati, lasciarli colorire, girarli, includere i cubetti di patata bollita ed aggiungere l’intero contenuto della ciotola. Lasciar ridurre a fuoco vivo la salsa fino a raggiungere densità cremosa e servire.

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Sugo alle vongole veraci (con piccolo segreto)

Ingredienti

Vongole secondo quantità
Olio d’oliva extra vergine
un cucchiaio di cipolla tritata
prezzemolo tritato
1 dl di vino bianco
sale
pepe bianco
origano
buccia di limone

Preparazione
Sfreghiamo le vongole energicamente sotto acqua corrente, per una prima depurazione. Mettiamone due bei pugni in padella, con un goccio d’acqua, e cociamole coperte e a fuoco vivo, finchè saranno aperte. Senza scuoterle, passiamole delicatamente una ad una, eliminando quelle chiuse, che potrebbero contenere solo sabbia. Eliminiamo, a questo punto, il liquido in eccesso, con l’aiuto di un coperchio. Mettiamo dell’olio in un tegame basso, un cucchiaino di cipolla tritata ed un pizzico di prezzemolo a sfrigolare, quando l’olio prende calore e possiamo aggiungere le vongole aperte. Lasciamo evaporare un decilitro di vino bianco nelle vongole, insaporiamo con sale, pepe bianco ed origano, lasciamo ridurre il sugo dei molluschi. Siamo pronti per scolare la pasta al dente, versarla sulle vongole, terminandone rapidamente la cottura “al salto”.
Un piccolo segreto: ritardiamo un attimo la cottura della pasta, prima di aggiungerla alle vongole. Con l’aiuto di un pelapatate, tagliamo due falde di buccia da un limone, prendendo solo la parte gialla. Tritiamola a coltello, fino a ridurla a granellini minuscoli. Tagliata a coltello, e non grattugiata, conserverà in sè l’olio essenziale, ed ogni granello diventerà così una piccola bomba di sapore, sotto la macina dei denti. Miniamo il nostro piatto aggiungendo i granellini alla pasta un attimo prima di saltarla con le vongole: diventa un gioioso fuoco d’artificio. Trattata alla stessa maniera, la buccia dell’arancia metterà le ali ad ogni sugo con crostacei.

Gradita la diffusione dell’articolo solo con l’autorizzazione scritta degli autori (ticinoatavola@gmail.com).


  
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